Il racconto del cibo: il linguaggio è espressione

Alta Cucina Mediterranea

Il racconto del cibo: il linguaggio è espressione ma è anche ingrediente. La mia cucina non dovrà essere solo buona da mangiare, dovrà essere soprattutto buona da pensare!
Le ricette che troverete in questo blog non sono finte, non sono colorate con i coloranti come per una esposizione, non hanno trucco, sono sempre sincere, sincere perché sarà il cibo quotidiano, il cibo della famiglia, dei miei amici, delle mamme, un cibo che verrà mangiato.
Ho una naturale riluttanza per gli ornamenti, le decorazioni, e salse usate come capricci cromatiche, i dripping, le schiume, le arie, le creme a specchio, i fiori eduli, i coralli, le sabbie, le cialde, i gel, i drappeggi da stellato sbandierati in televisione e nelle foto digitali.  L’abitudine a fotografare i piatti e la necessità di comunicarli tramite immagini rende imperioso il senso dell’estetica e del bello ma io all’estetica preferisco l’etica. Non uso trucchi da pubblicitario, se un piatto è bello perché fotogenico non lo pubblico se non è anche buono o salutare, racconti di vita.  Se un piatto sarà brutto a vedersi, ma ritengo sia utile e buono allora sarà pubblicato. Non vado a fare la spesa per fare belle foto, vado a fare la spesa come tutti i giorni della mia vita. Questo blog non cambierà i miei modi di cucinare, forse lo farò con più attenzione di prima, ma farò la spesa leggendo l’etichetta, confrontando i prezzi e giudicando la qualità, guardando le stagioni ed il territorio. Questo Blog è un modo di fare un pò di storia personale, vorrei che il cibo fosse un racconto, è bello sapere che la bocca parla. Vorrei questo Blog esprimesse il tormento quotidiano di tutte le persone che tutti i santi giorni cucinano per se e per gli altri agitando la propria mente sulle scelte e non soltanto di chi cucina in un ristorante o di chi va a mangiarci.
Prima di fare la spesa faccio sempre un giro per casa verso gli avventori del momento: cosa volete mangiare? Manca qualcosa? Avete qualche desiderio o qualche necessità. Una veloce e piccola anamnesi per sondare le voglie ed i sentimenti di ciascuno che spesso non riesco a soddisfare, ma sono domande partecipative di scelte non sempre facili e chi cucina lo sa quanto siano difficili. La risposta che sento arrivare sul ciglio della porta è: cucina qualcosa di buono! Una risposta che mi sconvolge, mi disarma mi carica di una responsabilità immensa e dolorosa. PugliaVorrei fare la stessa cosa nel mio ristorante, con i miei clienti ma è disarmante, è stato un fallimento. Cosi’ come mi butto nell’ignoto, non faccio progetti per la cucina di casa, nel ristorante sono maniacale nel progetto, nell’organizzazione. Ma faccio la spesa ugualmente come se fossi un contadino alla raccolta o come un cacciatore a caccia. un pescatore a pesca, non so vado verso l’ignoto, non so cosa mi riserva il destino. E si il cibo è fatto di incontri, una volta un pomodoro, un’altra un uovo, altre volte uno scorfano, mi guardano mi sorridono, qualche volta piangono e sembrano che dicano “portami con te”, “oggi voglio diventare te”. Sii sei mio, ogni volta come la prima volta, lo compro  e mi butto nel baratro incosciente ed ignoto. Lavo, trito, friggo, stufo, sbianco è come un miracolo, nel senso che mi meraviglio, tutto prende forma, non sempre, qualche volta arriva il caos, l’informe, l’enigmatico, la ricerca. Cosi è la vita sempre nuova e diversa, giorno dopo giorno, prezzemolo dopo prezzemolo.

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