La mano, insieme alla nostra posizione eretta e all’intelletto sono i tratti distintivi dell’umanità. Le mani sono l’estensione del sapere, attraverso le mani l’uomo diventa abile grazie al suo pollice opponibile. La sua capacità di opporre il pollice alle altre dita fa della natura cultura grazie alle mani. E con le mani che l’uomo produce strumenti, che diventano prolungamento e potenziamento delle mani stesse. L’ominazione, il lento processo genetico e culturale dell’uomo, ha liberato le mani dalla locomozione per dedicarle all’acquisizione e al consumo del cibo. Con le mani assaggiamo il mondo e costruiamo realtà, freddo, caldo, molle, duro, spesso per chiudere una informazione ambigua gli occhi chiamano le mani. L’ortica è la pianta più riconosciuta dai ciechi. Raccogliamo con le mani usando il cucchiaio, infilziamo con le mani usando la forchetta e tagliamo con le mani usando il coltello. Le posate, estensione delle mani, ci hanno tolto il contatto con il cibo. Abbiamo creato una distanza da noi e quello che mangiamo, una distanza sempre più incolmabile visto che adesso siamo capaci di mangiare anche e solo con gli occhi. Abbiamo sempre mangiato con le mani quindi prima l’olfatto, dopo la vista, poi il tatto ed infine il gusto, una sinestesia totale. Toccare il cibo, sentire il calore, le consistenze permette di assaggiare il cibo prima ancora di averlo in bocca, una esperienza molto importante non solo da un punto di vista delle sensazioni ma anche da un punto di vista dietetico. Con le mani il cibo viene pesato ed analizzato, mangiare con le mani significa mangiare quello che ci serve senza lasciarci abbindolare dal gusto. Da quando usiamo le posate l’uomo ha incominciato a scottarsi la lingua ed il palato, ma sopratutto ha incominciato a mangiare in eccesso, più dei suoi bisogni.
Il cucchiaio è l’amore perché raccoglie ed unisce, il coltello e la forchetta sono l’aggressione perché infilzano e separano. Mangiare è un gesto etico e morale non ho dubbi. Pensate che la chiesa nell’anno mille definì la forchetta un “demoniaco oggetto” e non a torto essendo la coda a forcone archetipo del diavolo. In fondo gli serviva per mangiarsi le anime e non volendosi sporcare e fare in fretta aveva bisogno di tecnologia suppletiva. Nel medioevo era il pane a raccogliere con la “scarpetta” e c’era poco da tagliare un gesto che avvicina la mano alla bocca, sempre più separati.
Potremmo separare e raccogliere invece che lacerare come si fa con i bastoncini nei paesi orientali. O mangiare con i “ditali” come facevano le famiglie nobili romane. Eppure se leggiamo i ricettari di cucina troviamo spezzare, squarciare, fendere, tagliuzzare, sminuzzare, tritare, triturare, troncare, mozzare, tranciare, recidere, amputare, decapitare. Non sono un Vegetariano e non sono un Carnivoro, non sono un Vegano ne un Macrobiotico.
Ma mangiare può essere un atto d’amore o un atto violento, così come cucinare. La scelta è personale e se ci affidiamo agli altri di fiducia. La dimostrazione sta nel conto, ricevuta fiscale o fattura che sia.
Amo il cibo così come un incontro. Non lo cerco e lui che mi trova. Sono un onnivoro e mi piace pensare che dietro ad ogni ingrediente c’è una vita che mi guarda e chi mi attraversa da cima a fondo ed ho paura ogni volta che ingoio per tutto quello che potrebbe fare e che qualche volta ha fatto.
Dunque proverò a raccontarvi le mie paure, quando cucinerò per voi, e forse qualcuno di voi ci crederà anche. Le mani ci dicono tutto di noi anche senza essere chiromante. Abbiate fiducia le mie mani si muovono con testa e cuore e sono pulite.
Mangiare è dire, mangiare è raccontare, mangiare dunque è fare con le mani.
Ma vi siete lavate le mani? Io non ancora perché le sto sbattendo sulla tastiera.
Mia nonna Giovanna diceva sempre, tutte le volte che prendevo del cibo con le mani, “salvù non ti scantare i manu sunu le posate del Re” (salvetto non aver paura le mani sono le posate del Re).
Mangiare con le mani mi rende felice.