Pietro scrive a Carlo per parlare a Oscar
Spero di fare cosa buona e giusta pubblicando questa lettera che Pietro Leeman ha inviato a Carlo Petrini per parlare di Oscar Farinetti, (il puro, il politico, il markettaro) che racchiude a mio parere, tutti i temi essenziali per una conversazione profonda e consapevole sui cambiamenti alimentari del nostro paese.
Mi sento di aderire con il cuore e con la mente.
Caro Carlo,
Come sai da 25 anni guido il Joia, ristorante vegetariano dagli intenti puristi, il mio desiderio è quello avvicinare le persone a un’alimentazione sana e consapevole. Tutti gli ingredienti che utilizzo sono almeno biologici, la maggior parte provengono da produttori vicini, scelti per la qualità dei loro prodotti e dei loro ideali e l’autenticità delle loro coscienze.
Per garantire una trasparenza agli ospiti che frequentano il ristorante, ogni preparazione è realizzata all’interno della cucina, dal pane, preparato in buona parte con farine macinate da noi, ai dolci; non utilizziamo additivi e trasformiamo con procedimenti essenziali che salvaguardano le caratteristiche di quei sani ingredienti.
Ho ammirato il grande lavoro che con Slow Food in molti anni hai svolto per difendere i contadini dall’agro industria e dalle logiche economiche che caratterizzano il mondo di oggi. Con fervore sei riuscito a scuotere l’immaginario delle persone e le hai portate a fare delle scelte che oggi sono diventate di molti.
Diversi anni fa, durante una tua visita, abbiamo parlato fugacemente della sostanza che anima la mia espressione, mossa da una curiosità che va oltre il pur variegato mondo fisico. Con questa lettera mi piacerebbe riaprire quel dialogo.
In questo quarto di secolo e anche prima, quando ho lavorato da Marchesi e da Girardet e durante le mie avventure estremo orientali, ho avuto la fortuna di essere testimone di una grande evoluzione della società, a tratti in bene, altre volte con conseguenze per il pianeta, gli uomini e gli animali, drammatiche.
In particolare in questo momento storico ci troviamo a un crocevia che è diventato anche il fulcro di nuove opportunità. Molte persone, disincantate dalle promesse propugnate da alcune scienze solo di facciata esatte, da un sistema economico che fa acqua da tutte le parti e da cattivi esempi di guide poste nei punti chiave della società, aprono gli occhi e si mettono alla ricerca di altre verità, più vere delle precedenti per i benefici che portano.
A detta di molti il sistema economico è la prima causa dei disastri agro alimentari, sociali e ambientali che sono davanti ai nostri occhi, il consumismo senza il quale questo sistema si incrina, come dice lo stesso termine, consuma risorse che una volta esaurite cessano di essere. La maggior parte delle persone si affannano per produrre il superfluo, arricchendo le tasche di pochi; considerando che il denaro non è il presupposto della felicità, nemmeno in coloro che ce l’hanno, questo modello porta a un grado generalizzato d’insoddisfazione. Come alcuni economisti affermano, si potrebbe produrre solo il necessario, ridimensionando e migliorando i consumi. Questo modo andrebbe a incidere su quella fetta di utili inutili, perché in ogni caso non accessibili ai più.
Le persone più attente stanno prendendo posizione e iniziano a fare delle scelte per migliorare la loro vita, regolando i loro consumi, selezionando quale cibo acquistare e diventando sempre più vegetariane. Come conseguenza sono nati i gruppi di acquisto, molti contadini, anche attorno a Milano, cercano di smettere di affidarsi alla grande distribuzione e si rivolgono direttamente al cliente finale. Come Slow Food siete stati dei pionieri aiutando entrambi le parti a collegarsi.
Ciò che viviamo è lo specchio delle scelte che abbiamo fatto. Se in generale l’economia cerca di condizionare i consumi portando il fruitore finale ad acquistare questo o quello, una nuova generazione sta cercando di essere lei a determinarli. Per far ciò però è fondamentale che acquisisca conoscenza su ciò che è più corretto, riguardo alla sua salute, all’ambiente, all’utilizzo delle risorse, alla parità dei diritti, ognuno di questi aspetti determinante anche per il suo benessere psichico e spirituale.
Per informarsi va ad attingere da testi e da persone di riferimento che possono dar loro chiarezza. Avendo mangiato la foglia molte industrie si cimentano a fornire informazioni tendenziose e non vere, se possibile coinvolgendo uomini di scienza malleabili. Il greenwashing è di gran moda, salva le apparenze, da nuova credibilità senza nessuna intenzione di voler cambiare le cose in modo radicale.
Nuovamente dunque ci troviamo davanti a un marasma dove alla fine i più non capiscono bene se il fumo sia dannoso, se la carne faccia male e se il biodinamico sia meglio degli OGM.
E’ fondamentale scegliere interlocutori affidabili, il primo parametro per riconoscerli è che non nascondano degli interessi economici, il secondo che loro stesso siano un esempio, trasparente ed esplicativo. Ne ho conosciuti vari, da Berrino (medicina), a Modonesi (agricoltura), a Vieri (economia), ascoltandoli ci si rende conto che un punto di svolta è possibile. Molti di loro sono vegetariani, sistema alimentare universalmente riconosciuto come viatico per risolvere le questioni sopra citate, dentro e fuori di noi. I vegetariani si ammalano meno, vivono più a lungo, incidono meno sull’utilizzo delle risorse, preziose per chi ha meno cibo ma anche per l’equilibrio dell’eco sistema.
Per quanto ho studiato e come detto sopra, l’alimentazione è alla base anche del nostro equilibrio psichico; la scienza orientale spiega che un’attitudine pacifica verso i nostri simili e verso ogni essere è il motore dell’evoluzione della nostra coscienza. Viene anche spiegato che lo scopo della nostra vita incarnata è evolutivo e insito in ognuno, nel corso dell’esistenza aspiriamo a progredire nei gradini della consapevolezza. Se ci asteniamo dalla violenza, ma anche da attitudini aggressive, saliamo, e ciò ci fa sentire realizzati e felici. Al contrario con comportamenti predatori, poiché in noi è insita l’ascesa, sprofondiamo, diventando insoddisfatti e infelici. Da questo presupposto nasce la scelta alimentare ad esempio di buddisti e induisti che utilizzano l’essere vegetariani come strumento evolutivo.
La ricerca della felicità è insita in ognuno, nell’insoddisfatto si genera una ricerca spasmodica di surrogati che la soddisfino, il cibo e il sesso sono quelli di più facile accesso. Quando sbagliati però non estinguono la sete, ma continuano ad alimentarla in un circolo vizioso che incatena le persone ad abitudini delle quali non possono più fare a meno. In questa discesa il passo successivo è la depressione, che colpisce una fetta spaventosamente grande della società e il conseguente utilizzo di psicofarmaci e di droghe. Tutto questo per dei presupposti che non solo non sono stati spiegati nel modo corretto ma sono uno strumento ideale per alimentare il business.
Una persona viziosa, per un certo modello economico, è migliore cliente di una virtuosa, come pure una malata rispetto a una sana.
Inoltre, se le risorse sono consumate senza contribuire allo scopo finale, quello evolutivo e nemmeno per nutrire correttamente il benessere olistico delle persone è davvero un inutile spreco.
Sempre dalla scienza orientale è anche spiegato che ci sono cibi che favoriscono la purezza della coscienza, altri invece la ottenebrano. In generale chi è ottenebrato non è più in grado di fare delle scelte libere che diventano coatte rispetto alle proprie abitudini e manipolabili da chi ha l’interesse di farlo. La carne, derivata da esseri anche loro in un processo evolutivo e che non abbiamo il diritto di interrompere, che hanno sofferto per come sono stati allevati, che hanno subito violenza durante al loro uccisione, è naturalmente uno di questi cibi.
Queste affermazioni non vogliono essere un processo a chi la mangia, io stesso ne ho consumata in abbondanza, la mia vita, però è cambiata radicalmente quando ho smesso di farlo. Soprattutto le mie scelte prima coatte sono diventate finalmente libere. Libertà non significa fare tutto ciò che gli istinti ci dettano, nemmeno scappare su un’isola deserta perché questo mondo ci opprime bensì, una volta alleggerita la coscienza da cattive abitudini, fare delle scelte utili a stare meglio e a svolgere quelle funzioni naturalmente insite in noi.
C’è ancora un altro aspetto, ben definito dalla cultura dell’Est e molto interessante. Facciamo parte di un ordine implicito (Dharma, che significa ordine etico universale) che va rispettato e non infranto. Ogni elemento della materia è fatto in un determinato modo per adempiere a una funzione, un meccanismo perfetto e all’origine del benessere di ogni creatura. E’ naturale quindi che l’ape faccia l’ape e la tigre se stessa. Se il meccanismo s’incrina, si generano degli scompensi che influiscono non solo sul soggetto responsabile ma per effetto a catena su ogni cosa che non è disgiunta ma collegata e interattiva. Krishnamurti affermava che siamo corresponsabili di ogni singola goccia che compone l’oceano. Con questa lettura e per fare un esempio, coltivare in modo naturale è meglio e gli OGM che invece palesemente incrinano quest’ordine, non vanno bene.
I risultati di cattive scelte, nate anche dal non sapere e non vedere, sono agli occhi di tutti e ci troviamo a dover tappare buchi e compensare agli errori commessi.
Nel Pantheon degli esseri viventi l’uomo e la donna hanno un ruolo privilegiato, grazie a maggiori facoltà cognitive, di traduzione e di sintesi della realtà apparente, hanno la facoltà di scegliere (il libero arbitrio) e anche di modificare lo stato delle cose. I più saggi, avendolo capito, non solo rispettano quest’ordine che non ha nessun senso voler cambiare perché anche noi ne facciamo parte, ma ne favoriscono lo svolgere aiutando chi non è in grado di scegliere a vivere meglio che tradotto significa “svolgere al meglio la propria funzione evolutiva”.
Oggi per i più sembra invece essere di moda infrangere il Dharma in ogni modo, per poi raccoglierne le conseguenze, chi semina vento però si sa, raccoglie tempesta.
Questo sapere, enunciato millenni fa, sembra essere uno spaccato del momento che stiamo vivendo e che ne spieghi anche perfettamente i motivi all’origine dei mali del mondo e nostri. Una visione, che come sicuramente sai, è ben più articolata e completa e tocca ogni ambito dello scibile umano, filosofico, psicologico, medico, naturalista e teologico.
Per tornare con i piedi per terra in questi decenni sono stato spettatore di una società e un pianeta in rapido cambiamento. Come in ogni epoca gli opposti, evolutivi e involutivi (il bene e il male) si contrappongono e si mescolano. Con una confusione nei termini, ad esempio chi ha successo economico e chi genera ricchezza viene indicato come modello da seguire. Senza considerare i mezzi che utilizza e nemmeno quali siano i suoi veri fini. Spesso invece chi stimola alla riflessione e propone dei modelli virtuosi ma poco utili al consumo viene emarginato.
Questo presupposto, non abbastanza dichiarato, genera confusione e incertezza nella maggior parte delle persone obbligate invece e seguire il flusso che, per predisposizione o posizione sociale, non possono scegliere; come conseguenza si sentono frustrate e poco realizzate. Questo stato è acuito nei momenti di contrazione economica come questa e nasce così, come osservato sopra, dal desiderio di cambiare. Prontamente il mercato offre alternative a volte più giuste e a volte meno.
Qualche giorno fa sono andato a visitare Eataly di Milano. Come ogni volta quando si muove Oscar ha fatto molto bene. Era da poco aperto e all’esterno, delle transenne dovevano contenere le numerose persone che volevano entrare, all’interno un gran numero di persone si accalcavano, comperando questo e consumando, nei numerosi spacci a disposizione, quest’altro.
Quell’energia non mi ha fatto una bella impressione, mi è sembrato un formicaio con i suoi abitanti intenti a un festino dionisiaco, chi con il panino con la salamella trasudante di grasso, chi con la focaccia penzolante da un sacchetto di carta, chi succhiando un fritto di pesce appena sfornato. L’impressione non è stata tanto su che cosa mangiavano, si sa che in certe situazioni le inibizioni e le barriere cadono e uno perde il controllo di se. Quanto il fatto che agendo in quel modo stessero facendo la cosa giusta, con la coscienza ripulita da un modello-marchio, Eataly, amico del contadino e quindi della natura e garante di un’alta qualità.
Con quello stato d’animo e con occhio attento sono andato a osservare il contenuto degli scaffali. Mi sono così accorto che il biologico è pochissimo presente, così pure si direbbe, i piccoli produttori. Mi sembra impossibile che un contadino sia in grado di produrre quei volumi, si tratta in realtà di piccole, medie o anche più grandi imprese che producono un prodotto solo poco meglio di quello dell’industria agroalimentare. I clienti sono però convinti di comperare un certo ideale, invece molto più simile a un business ben riuscito.
La verdura, messa in bella mostra all’entrata, ben lucidata ma non biologica, non stagionale e nemmeno di produttori lombardi.
Al piano di sopra uno straordinario banco del pesce, quanti sanno però che se continuiamo di questo passo i mari saranno svuotati entro il 2040!
Sono poi salito al primo piano, da vegetariano, come una farfalla attratta dalla luce, sono caduto nell’opulento bancone dedicato alla carne, pezzi di Fassona qui, teste e cosce di maiale là, polli con la testa ribaltata e il petto ben in vista più dietro, insaccati ben rigonfi di ogni tipo ammucchiati come ai tempi della “Grande Bouffe”. Prima di scappare il pensiero è andato su come sono allevati quegli animali, e devo dire non ho potuto fare a meno di pensare al solito allevamento intensivo, fabbrica di carne e di sofferenza. Ma qual’è allora la differenza con il convenzionale? In ritirata mi sono imbattuto in un bel pastificio, poi in un angolo dove si produce la mozzarella, ma il latte da dove proviene e da quali allevamenti?
Ebbro di odori e di cattivi pensieri e ormai in fuga precipitosa, ho rischiato di travolgere una signora con il cestello così pieno che sembrava dovesse esplodere, ho evitato per un pelo di abbattere un muro di pasta napoletana. Finalmente all’aria aperta e per chiarirmi le idee ho camminato un po’ lungo corso Garibaldi dove ahimè mi sono imbattuto in un altro ostacolo, anche lui con coda davanti in ordinata attesa. Un camioncino, anche lui marchiato Eataly, che vendeva hamburger, anche loro però rigorosamente di Fassona. Ho guardato i miei colleghi cuochi che li stavano arrostendo in gran quantità, li ho visti ben identificati nel ruolo, come d’altronde lo erano anche i clienti che mi sembravano come in fila per entrare alla prima della Scala.
Sempre di hamburger si tratta però e l’alimentazione sana, dove la mettiamo?
No, non ci siamo, nuovamente una rete con intenti virtuosi e dal grande potenziale forse è diventata economia che genera molti utili per pochi e probabilmente il contadino, che dovrebbe essere il vero protagonista, è nuovamente messo sotto pressione, per produrre molto a poco.
E poi il futuro dovrebbe essere con meno o senza carne, altrimenti il cambiamento non avverrà. Mangiando cibo derivato da sofferenza le coscienze non si elevano, in che modo portarle a scegliere e a migliorare mondo e società?
Poi non è corretto vendere pali per frasche, la fiducia conquistata va ben riposta e i modelli di riferimento devono essere come prima cosa virtuosi e senza un interesse solo economico evidente e l’economia deve essere il risultato di un processo che fa star bene tutti e non lo scopo.
Così, conoscendo da quel nostro incontro la profondità del tuo pensiero e finito questo turbinio ho pensato di scriverti.
Il mio sogno è che all’interno di grandi movimenti come Slow Food il cibo vegetariano e il biologico siano ben rappresentati come modello alimentare e di vita migliori, così come chi è piccolo va nutrito e lasciato al di fuori di logiche di mercato. Ad esempio Green Peace, movimento ecologista che difende l’ambiente, le balene e gli animali in via di estinzione, ma poi mangia la carne, perché?
Pensi sia possibile? Sarebbe per me un grande privilegio contribuire in qualsiasi modo a quanto hai e avete costruito. Soprattutto avere la tua visione in merito che mi aiuterebbe ad accrescere la mia persona e la qualità di ciò che faccio. E aprire gli occhi su ciò, ed è molto, che non vedo.
Un caro saluto, Pietro Leemann
Caro Pietro,
Ti rispondo con grandissimo ritardo, me ne rendo conto. Ci tengo però a farti sapere che ciò non è affatto dovuto a mancanza di interesse, anzi.
Quella che mi invii è una riflessione molto interessante, dai contenuti alti e stimolanti. Mi è capitato di rileggerla in più occasioni godendo della linearità del tuo ragionamento e della passione con cui lo esponi, ed è per questo che, per prima cosa, voglio ringraziarti.
Sia io personalmente che Slow Food come Associazione ci troviamo d’accordo con gli spunti che sottoponi, perché secondo me la chiave di lettura è fondamentalmente la stessa: un approccio non olistico al cibo porta al fraintendimento degli obiettivi, a non comprendere che la quotidiana ricerca della felicità da parte di miliardi di persone rimane mutilata se non trova l’equilibrio con il percorso di chi ci circonda.
Sapere di avere un personaggio come te ad alimentare questo dibattito e a condividere le sue posizioni con noi è per me senza dubbio motivo di orgoglio e di speranza, e sono sicuro che le occasioni di parlarne ancora insieme non mancheranno.
A tal proposito mi piacerebbe, se possibile, chiamarti al telefono per parlarti di un progetto che stiamo portando avanti qui all’Università di Scienze Gastronomiche e nel quale mi piacerebbe coinvolgerti: le Tavole Accademiche. Si tratta del nostro specialissimo “servizio mensa”, nel quale vengono coinvolti ogni anno circa trenta grandi chef che, con l’aiuto dei nostri cuochi residenti, si impegnano a costruire un menu per la pausa pranzo di studenti e staff e a cucinarlo per la nostra piccola comunità. La sfida è quella di proporre la propria idea di cucina cercando di mantenere un food cost massimo di 5 euro per menu, dimostrando che, partendo da materia prima anche di ottima qualità, è possibile contenere i costi ed ottenere risultati eccellenti. Oltre alla creazione dei piatti per il pranzo, inoltre, gli chef incontrano gli studenti per parlare della loro esperienza e dare loro nuovi spunti di riflessione: ho pensato che sarebbe sicuramente interessante per i ragazzi sentirti sviluppare le riflessioni di cui scrivi!
Ancora una volta mi ripropongo di venire a trovarti durante una delle mie trasferte milanesi, ma nel frattempo mi potresti inviare un tuo recapito telefonico?
Ti ringrazio ancora di cuore per ciò che hai voluto condividere con me, e ti saluto con la speranza che vorrai continuare a farlo.
A presto, Carlo Petrini